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Communication Dans Un Congrès Année : 2015

“Baldezza e leggiadria” (Par XXXII, 109): una dittologia cortese sorprendente

Résumé

Baldezza e leggiadria sono i due termini estremamente pregnanti – e perciò difficili da interpretare e tradurre – che segnano l’inizio della risposta di Bernardo a quella che sarà di fatto l’ultima domanda espressa dal personaggio Dante: «Qual è quell’angel che con tanto gioco / guarda negli occhi la nostra Regina, / innamorato sì che par di foco?» (Par. XXXII, 103-105). Tale risposta conclude quella che Stefanini individua come terza e ultima mariofania della Commedia, che si svolge in cima alla Rosa dei Beati come la seconda (la prima era avvenuta nel Cielo delle Stelle fisse).Con l’aiuto prezioso del DDP, ripercorrere le spiegazioni date a questi termini nei commenti fatti lungo i secoli è diventato ormai facilmente accessibile. Questo primo strumento può permettere di stabilire un elenco, dal quale scegliere gli elementi più significativi per formulare una nuova proposta.Ma sul piano etimologico, per esempio, quella di Pézard che ci sembra la spiegazione più dettagliata non è stata inclusa nel DDP, mentre costituisce un punto di riferimento importante grazie ai suoi rinvii precisi alla lirica cortese antica (francese e provenzale), e al rimando a uno studio specifico di F. Montanari sulla Canzone della leggiadria (quindi al di fuori delle pur indispensabili Lecturae Dantis tradizionali).Grazie al DDP, si può invece risalire all’origine di certe osservazioni utili, certamente legate al contesto culturale (storico, geografico e linguistico), come l’insistenza di Benvenuto da Imola sul significato sia spirituale sia corporale della coppia di termini («baldezza e leggiadria, dat intelligi spiritualia et corporalia»), oppure l’attenzione alla patrologia introdotta da un anglosassone come John S. Carroll (1904), che associa baldezza (tradotta boldness) con il significato attribuito al nome Gabriele dal Bernardo storico e da Gregorio Magno: «Fortitudo Dei».Oltre però alle difficoltà di comprensione sottolineate dai diversi commenti per ognuna di queste due parole, l’osservazione conclusiva di Pézard ci sembra sintomatica di un altro ordine di difficoltà: «Il est curieux de voir Dante, vers la fin du Paradis, revenir au vocabulaire des troubadours et dicitori d’amore» [È strano vedere che Dante, verso la fine del Paradiso, torna al vocabolario dei trovatori e dicitori d’amore]. In realtà, se i commenti non fanno emergere la ragione fondamentale della scelta lessicale di Dante per la risposta di Bernardo, dobbiamo pure constatare che quasi nessuno ha colto l’importanza della domanda alla quale viene risposto con così tanta cura: sembra finta (Scartazzini) o inutile (Momigliano), e il protagonista darebbe addirittura «prova di scarsissima sagacia» (Stefanini), visto che si sa già «Qual’è quell’angelo».Ci troviamo di fronte ai limiti inerenti al commento stesso, poiché per definizione esso cerca di dare una spiegazione verso dopo verso, con l’aiuto di letture spesso estese alla lunghezza di un solo canto. Il nostro contributo poggia invece su una ipotesi di interpretazione complessiva (all’insegna del Vistas in retrospect di Singleton), per cogliere la pertinenza della risposta di Bernardo («littera et spiritus»): rimettendo a fuoco il percorso conoscitivo (intellettivo, affettivo e sensitivo) di Dante, personaggio e poeta, la cui ultima domanda focalizza un punto di scoperta risolutivo.

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Citer

Cécile Le Lay. “Baldezza e leggiadria” (Par XXXII, 109): una dittologia cortese sorprendente. Commentare Dante oggi, József Nagy, Nov 2014, Budapest, Hungary. pp.51-60. ⟨hal-01258471⟩
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