Whose Utopia?
Résumé
Nel panorama dei grandi nomi in mostra in questa primavera romana, la Fondazione Maxxi si distingue ancora una volta per le sue scelte espositive proponendo Utopia for sale?, denso omaggio ad Allan Sekula, fotografo e documentarista americano scomparso di recente. Dieci gli artisti in mostra, coinvolti in diversa maniera nella vaso di pandora del gesto utopico, o nelle sue trappole più significative, prima fra tutte la bizzarra idea che l'utopia non sia, già da sempre, la più ambita merce sul mercato. I primi passi nella sala espositiva sono infatti scanditi dal ritmo educatamente isterico dell'asta di Lot 248, che poi non è altro che il numero identificativo abbinato a Providence, prodotto-video in cui Amie Siegel mette esattamente in questione quel procedimento di vendita. In Providence sfilano i più begli oggetti di design del Movimento Moderno, le sedie gli sgabelli le scrivanie le lampade i divanetti i " contenitori modulari " di Le Corbusier e dell'aiutante-cugino Pierre Jeanneret, che attraverso il lungo viaggio della Siegel ritornano alla loro " sede originaria " : Chandigarh, la " città d'argento " edificata all'alba dell'Indipendenza indiana dal grande architetto occidentale nel cuore amministrativo del Punjab. Mercificato da fotografi, restauratori, curatori, battitori d'asta, centralinisti, l'equipaggiamento (così " Il Maestro " preferiva chiamare i suoi mobili), risplende nei giganteschi luminosissimi salotti dei collezionisti di Parigi, Londra, Bruxelles e New York, luogo al quale " non appartenevano " , eppure l'unico in cui siano circondati da quello " spazio libero " che l'architetto modernista aveva immaginato per loro. Il furto delle grandi firme difatti non può sconvolgerci, e quelle sedie funzionalissime e discrete ci appaiono forse più utopiche proprio nel luogo " da cui provengono " : accatastate, fracassate, rovinate o infine dimenticate nel quotidiano uso, distratto e inconsapevole, dei loro destinatari indiani.
Origine : Fichiers produits par l'(les) auteur(s)